Ovada: come nasceva un tamburello

Ovada: come nasceva un tamburello

Ad Ovada, di tanti anni fa, l’approccio al mondo del tamburello avveniva soprattutto seguendo le esaltanti imprese dei campioni di allora: Conrotto, Zago, Toffoli, Barlottini ed i nostri Valerio Caneva e Corrado Tasca. Lo stimolo nell’emulazione era grande, ma altrettanto grandi erano le difficoltà per praticare questo sport. La prima e la più determinante era la mancanza del tamburello! I grandi campioni avevano tamburelli di marche prestigiose: Berruti, Bottazzi, Campedelli, Giacopuzzi ed il nostro Ponte, un ferroviere del “Borgo” che si dimostrò un valente artigiano. Visto che pochi potevano comprarselo, bisognava industriarsi a costruirselo questo benedetto tamburello!

La prima ricerca riguardava il cerchione di legno. Qualche campione come Valerio Caneva era disponibile a regalare qualche cerchione di tamburello bucato e il ragazzo che lo riceveva poteva considerarsi fortunato. In mancanza del cerchione apposito si poteva rimediare con un vecchio setaccio di farina. Il setaccio aveva il vantaggio di potersi restringere e di disporre di un doppio anello. Quindi si ripartiva alla ricerca di una pelle di coniglio appena macellato. La pelle doveva essere necessariamente di un coniglio maschio ed adulto perché di superficie maggiore, di spessore superiore e, quindi, più resistente. La pelle veniva messa a macerare per 3 - 4 giorni in un bagno di latte di calce, quindi veniva lavata e si procedeva alla depilazione. Per questa operazione occorreva molta attenzione perché bastava un piccolo strappo o taglio per compromettere l’utilizzo della pelle. Successivamente si distendeva la pelle su una tavoletta di legno e si lasciava asciugare per qualche giorno. Prima del fissaggio ai cerchioni di legno mediante una fila di chiodi piantati a breve distanza, la pelle veniva inumidita e messa bene in tiro. L’essiccamento avvenuto lasciava la pelle liscia, lucida e ben tesa sul cerchione. Il costruttore più esigente ed esteticamente più elegante completava l’opera coprendo le teste dei chiodi con un giro di nastro isolante. L’impugnatura era una striscia di cuoio ricavata da una vecchia cintura oppure tagliata da una bretella elastica. La pallina era composta da un groviglio di elastici o da strisce di camera d’aria sulle quali veniva avvolto un gomitolo di lana oppure della cimossa di stoffa questuata dai sarti. Il tamburello era pronto e poteva iniziare la carriera di giocatore. Nei vicoli e nelle piazzette del centro storico gruppi di ragazzi si sfogavano in accanite partite che duravano sino a sera. Un raffronto con la realtà di oggi diventa semplicemente patetico, però questa è storia.

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