Pericle Lavazza da Murisengo, re del caffè e del tamburello

I grandi Monferrini GLI UOMINI CHE HANNO FATTO GRANDE IL TAMBASS

PERICLE LAVAZZA DA MURISENGO, RE DEL CAFFE’ E DEL TAMBURELLO

“Ricordo quando ero ragazzo e tornavo a Murisengo; supergiù era come oggi anche se le case erano più rade. Correvo per i campi, mi piaceva camminare nell'erba, battere i vecchi sentieri, fermarmi all'ombra dei salici e sentire sussurrare i ruscelli. Cera una vecchia fontana poco lontano dal paese, alla quale si attingeva e si attinge acqua fresca e vergine; puntavo spesso a questa sorgente nei miei exploit paesani e ne sento spesso, da lontano, la nostalgia... cioè la voglia spasmodica di tornare... definitivamente, per sempre..”.

Il salone del ristorante era uno scintillio di parole; ogni occasione era propizia per un brindisi; Murisengo festeggiava il suo secondo scudetto nel campionato di tamburello; uno scudetto sudato, sofferto, vinto nel girone finale, quando ormai i più parevano averci messo una pietra sopra. Chi ricordava era Pericle Lavazza. Seduto al centro del tavolo d'onore, ci aveva voluti al suo fianco. Non sapevo, al momento di sedermi, che quel signore, non alto ma vigoroso, occhi scintillanti, baffetti all'antica, fosse il Pericle Lavazza della tazzina di caffè. E sì che allora Murisengo, per via del tamburello, lo battevo quasi quotidianamente, per la mia pagiina su “Vita Casalese”ed il Murisengo aveva il vento in poppa. Ma Lavazza, che quel vento creava con sostanziosi finanziamenti, era sempre rimasto nell'ombra. «Non sarei nemmeno qui stasera - mi disse continuando il suo discorso - se non mi avesse tirato per i capelli, faccio per dire (ed accennava ironicamente alla "piata") quel diavolo di Bonasso...». Il quale Bonasso con le tasche della giacca incredibilmente gonfie di carte e appunti, era in piedi a strappare ai convenuti l'ennesimo applauso. Allora il tambass monferrino, un avvenimento che aveva sconvolto e trasformato le domeniche delle nostre colline attirando pubblico da ogni parte del Piemonte, sembrava in continuo crescendo. Mi parlò a lungo quella sera, fra un brindisi e l'altro, di suo padre che negli anni Novanta – si parla dell’ 800- aveva lasciato Murisengo per Torino, buttandosi subito nel ramo del caffè; e fu per assecondare la piccola ma baldanzosa azienda paterna che Pericle Lavazza accantonò i suoi miraggi "elettronici" per addottorarsi in chimica. «Serviva in azienda...». E fu proprio come chimico che studiò e realizzò le famose miscele che hanno messo il nome di Lavazza nell'orbita della tazzina del caffè... «Salvo una breve parentesi durante la guerra, quando per forza maggiore puntammo sui prodotti oleari, il nostro nome è sempre stato legato al caffè... ed il mio cuore - e questo anche durante la guerra - a Murisengo; così non mi è parso vero di poter dare una mano ai miei concittadini di elezione che mi hanno fatto questo bel regalo dello scudetto...». Ci mostrò una foto nella quale si vedevano i tifosi di Murisengo portarlo in trionfo dopo l'ultima decisiva partita; la pubblicai su “Vita Casalese” con l'articolo dedicato allo scudetto del Murisengo. So che Lavazza fece tirare di quella pagina un grosso numero di fotocopie che poi vennero distribuite ai suoi dipendenti.

 Pericle Lavazza malato e gravemente, da tempo, volle, spinto dal definitivo desiderio del ritorno, essere accompagnato nella sua Murisengo in macchina, come si trattasse di un trasferimento normale; niente medici, niente ambulanze. Ha fatto fermare l'automobile accanto alla vecchia fontana che continuava a sprigionare giovane acqua vergine che per lui poteva avere solo un sapore nei ricordi, ha cercato di guardare e di immaginare i suoi prati, i salici, i ruscelli, le lucciole che si accendono e che si spengono e che nelle grandi città sembrano invenzioni letterarie; poi è salito nella sua vecchia casa di Murisengo. Il 20 agosto 1979, dopo due giorni di pioggia fitta e battente, è stato sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero, sulle colline, fra le quali non si sentono più il bat e arcasa ma questo non ha importanza perché la nostalgia è stata finalmente appagata.

In copertina: il Murisengo del '74 con lo scudetto appuntato sulle maglie. Pericle Lavazza è il quarto in piedi da sinistra, Oscar Bonasso  il secondo in piedi da destra

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