Cassullo: innamorato di uno sport che cambia

Aristide Cassullo, 62 anni, professore e tecnico, fa il punto tra novità e tradizione

"Innamorato di uno sport che cambia"

Il «prof» va in pensione dalla scuola ma non dal tamburello. Aristide Cassullo, 62 anni, si è congedato dall’insegnamento ma non lascia la terra rossa e la panchina del Cerrina alla corte del patron Pier Cavallo. Sarà quest’ultima la sua «cattedra» dove poter continuare ad insegnare. Dopo una stagione da dominatori nella serie C (solo vittorie) si spera nella B. «Faremo domanda di ripescaggio solo se muterà la formula del torneo, tornando a due gironi. Altrimenti sarebbe troppo dispendioso - precisa il coach - visto che la vogliamo affrontare con lo stesso gruppo contando sulla sua crescita e maturazione, alzando sempre di più l’asticella. La stessa politica verrà fatta con la formazione della quarta serie che si affaccia alla C».

Coach, con quali occhi oggi guarda il tamburello?

«Sempre quelli dell’innamorato di questo sport, dell’allenatore alla ricerca di nuovi obiettivi e limiti da superare, anche se non si punta allo scudetto ma soprattutto a giovani da formare e far maturare».

Tamburello che prova a cambiare pelle.

«Non credo a chi ne celebra il funerale. E’ una disciplina che laddove ha radici cova sempre la sua passione, anche sotto la cenere, pronta a riaccendersi. Ne sono la riprova i contatti con piazze che oggi non offrono grandi squadre ma sono pronte ad essere coinvolte. Tuttavia il gioco ha necessità di adeguarsi. Ora che il tamburello è diventata una disciplina più globale».

Qualche suggerimento?

«Innovazione per rispondere a mutate aspettative del pubblico come degli stessi atleti. Parlando di gioco open, trovo che il ruolo dei terzini sia di ripiego. Lo vedo nei giovani che mi sento di sacrificarli in una posizione emarginata dalla manovra rispetto a mezzovolo e fondocampisti. Il tamburello resta sport di squadra ma prima di tutto è individuale».

Ridurre i giocatori o le misure.

«Esperimenti ne abbiamo visti tanti, da squadre con tre o quattro giocatori come l’introduzione di una zona neutra già testata o modificare il campo. Consideriamo che con la riduzione delle rose inevitabilmente aumenterebbe il numero delle squadre, andando a rinfoltire ogni categoria».

E le gare a tempo?

«Non voglio sentire parlare di cronometro. Potrei accettarlo solo quando anche a Wimbledon assegneranno i “15” col timer. I giochi con pallina piccola sono sempre stati a punti. Non si deve forzare una manovra od un colpo solo per ridurre la durata degli incontri».

Soluzioni?

«Azzardo; eventi stile grande slam. Concentramenti in cui in un unico week end si ha la certezza di assistere a gare avvincenti, coinvolgendo di volta in volta località e territori differenti. E’ impensabile trovare interessante un campionato che dura 7 mesi e si decide in non più di una manciata di partite.

Valorizzerebbe non solo questo sport...

«L’appuntamento sportivo diventa pure richiamo turistico e il pubblico non diserterebbe gli sferisteri. Oggi purtroppo alcuni match si vivono in famiglia con pochissimi spettatori».

Giocatore, insegnante e allenatore. Comune denominatore per Aristide Cassullo è l’essere vincente. Vice campione d’Italia nel 1977 con il Casale, e nel ’78 la prima tesi di laurea dedicata al tamburello. Sport che è riuscito a far entrare in classe, più forte delle diffidenze. «Debbo ringraziare i colleghi per la grande collaborazione negli anni, l’impegno nel credere in una disciplina fidandosi della mia passione» sottolinea Cassullo. Innumerevoli i titoli studenteschi, l’ultimo al Monti. Inoltre la collaborazione con la Federtamburello nella creazione e sviluppo del settore studi come pioniere per ideare la didattica. Infine il tecnico capace di riportare il titolo tricolore nell’Astigiano chiamato da patron Alberto Fassio al Callianetto agli albori di un cammino poi stellare. «Sono un allenatore riciclato e rigenerato, periodicamente chiamato a nuove sfide»

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