Il ministro Costa: “Pallapugno una grande famiglia sportiva”

Il presidente federale: “I Vacchetto e Araldica, esempi da seguire”

Protagonisti Claudio Manera (Araldica) ed il presidente Fipap Enrico Costa. È stato l’ospite d’onore del «Vacchetto Day», la cena a Vezza d’Alba voluta per celebrare i trionfi dei fratelli Massimo e Paolo Vacchetto (entrambi portacolori dell’azienda vinicola l’Araldica: il primo campione d’Italia con Castagnole Lanze, il secondo in semifinale con Spigno).
Enrico Costa, 47 anni, ministro della Famiglia (figlio di un altro grande e indimenticato politico e ministro come il liberale Raffaele Costa) e presidente riconfermatissimo della Federazione italiana pallapugno (Fipap), ha avuto la sua bella razione di applausi in una serata nel perfetto solco della tradizione pallonistica: campioni, aneddoti, personaggi, musica, piatti e vini doc.

Ministro Costa, che effetto le ha fatto?
«È stata una festa come si conviene a questo sport: dove non ci sono vinti o vincitori, alla fine, ma dove prevale la sportività, appunto. Perché questa è la grande forza del balòn: non ci sono tifosi contro, semmai appassionati uniti o divisi da un campione, ma sempre nel segno del fair play, al massimo con qualche sana battuta in dialetto a sottolineare la forza o le debolezza di questo o quel giocatore».

Lei è un tifoso dei Vacchetto?
«Non faccio il tifo per un giocatore o per un altro ma per il bel gioco. Abbiamo – lo sottolineo con l’orgoglio del presidente federale - dei bei campioni. Ma questa serata, per me, ha un significato particolare».

Quale?
«Quello di affiancare una tradizione sportiva familiare come quella dei Vacchetto , che rappresenta il balòn e i suoi valori ».

Due squadre, Castagnole Lanze e Spigno, unite dallo stesso sponsor: l’Araldica....
«A cena ero al tavolo con Claudio Manera, il patron dell’azienda vinicola astigiana e gli ho sottolineato tutto il mio apprezzamento per quello che sta facendo nel nostro sport. Ci vuole una grande passione: Manera e l’Araldica stanno investendo sul territorio e su questo sport tipico. È una grande intuizione, che ci auguriamo trovi altri disponibili a seguirli».

Perché il balòn non sfonda, anche televisivamente?
«Intanto abbiamo migliorato l’offerta televisiva del nostro gioco e questo è un primo tassello per un pieno rilievo mediatico. Ma il discorso è più ampio e riguarda la promozione di un “brand” che si chiama balòn e che a suo modo è la bandiera di un territorio. Terrei a coinvolgere personaggi e imprenditori per ragionare con loro una seria strategia di immagine e marketing».

Ci faccia un nome?
«Non nascondo di aver più volte chiesto a Oscar Farinetti di darci una mano a pensare un’immagine più accattivante. Non abbiamo ancora approfondito il discorso per gli impegni di Farinetti, ma i nomi da fare potrebbero essere tanti, a cominciare dallo stesso Carlin Petrin, (Slow Food) che ha difeso recentemente e in modo sacrosanto un’istituzione della pallapugno come lo sferisterio Mermet di Alba. Un simbolo».

Avete allargato i confini di vertice all’Astigiano, che avrà quest’anno in serie A oltre a Castagnole anche il Bubbio di Corino. Ma ci sono bacini tradizionali come la Liguria un po’ in sofferenza ...
«In sofferenza direi di no, ma stiamo cercando di rilanciare piazze importanti come Savona. È un processo lento, ma che procede spedito, perché abbiamo tanti giovani. Le maglie di questa rete devono diventare sempre più ampie e più articolate».

I rapporti col Coni e il presidente Malagò? Il fatto di essere ministro «aiuta»?
«C’è chi ci snobba un po’ e chi ci considera una risorsa. Con Malagò il rapporto è aperto e concreto, e lo è da ben prima che diventassi ministro».

Come è nata questa sua passione per la pallapugno?
«Il balòn faceva parte del Dna sportivo di famiglia. Quando ero ragazzo mio padre mi portava a Mondovì a vedere Livio Tonello. Tra i tanti talenti, ne vorrei indicare uno che secondo me, anche umanamente, esprime benissimo i valori del balòn: Paolo Danna».

Alla serata di Vezza c’era anche Massimo Berruti. In famiglia eravate più bertoliani o berrutiani?
«Mio padre era molto amico con Felice Bertola, ma fare delle distinzioni di tifo tra Bertola e Berruti è impossibile. Quei due hanno segnato la storia del nostro sport e indicato la via. Mi auguro che i campioni di oggi e quelli del futuro sappiano fare altrettanto. Per il balòn sarebbe un secondo Rinascimento, anzi il terzo, dopo l’epopea di Manzo e Balestra e quella dei due di cui parlavamo prima. Ma devo dire che con ragazzi come i Vacchetto, i Raviola, i Campagno e tanti altri, sono tranquillo».

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