Cerot e la sfida di Grazzano. “Due squadre da applausi”

Domenica la piazza/sferisterio ed il “muretto” di Grazzano ci hanno restituito con i dovuti interessi l’intero malloppo di interrogativi che per mesi e mesi ha liberamente vagato nei meandri del cervello di tanti costernati tifosi che ancora continuano a domandarsi se il nostro amato tamburello abbia le giuste credenziali per entrare di diritto nelle discipline che “contano” sulla scala dei valori sportivi di casa nostra.

Senza falsa retorica lo scontro tra il Montechiaro ed i locali grazzanesi ha risposto pienamente alla domanda perché lo spettacolo offerto ha di gran lunga superato anche le più rosee aspettative, riuscendo a polarizzare per oltre tre ore l’attenzione di un pubblico esigente, con una prestazione maiuscola di entrambi i quintetti in una palpabile alternanza di emozioni che solo pochi sport anche più moderni sono in grado di offrire. Tutti i giocatori, giovani e meno giovani, hanno profuso tutte le loro energie senza mai mollare, pronti a rincorrere il risultato anche in situazioni non troppo favorevoli, con colpi secchi, precisi, staffilate continue di inaudita violenza, recuperi e rincorse, tagli impossibili alternati anche a qualche perdonabile ingenuità quando il livello e l’intensità del gioco sono saliti a livelli proibitivi: il tutto servito tra incitamenti, urla di gioia, sbuffi di malumore per un “quindici” perso malamente, la rabbia per un colpo fallito. Atleti, quindi, nel senso più ampio della parola pronti a giocarsi la vittoria in ogni contesto ed in ogni situazione. Questi, sportivi veri, dovrebbero essere i nostri paladini perché rimangono uno degli ultimi agganci con il passato al quale aggrapparci per riscoprire chi eravamo: sono il condensato di vicende storiche, di personaggi irripetibili, di partigiani, di reali lottatori. Teniamoli stretti e presenti nel fondo dei nostri cuori e mettiamo ogni tanto in disparte gli altri “eroi” continuamente decantati dal becero consumismo delle testate specializzate e dai commentatori televisivi, pronti anche a scavare nel torbido pur di affascinare e scatenare la fantasia dei lettori: protagonisti sovente fedifraghi e voltagabbana sempre alla disperata ricerca di ingaggi sempre più congrui dove la grinta e l’impegno messi in campo superano sovente anche l’etica sportiva. Eroi questi? “Ma stia zitto lei, per favore, e non mi faccia parlare - ...” avrebbe concluso il genio napoletano per eccellenza, uno dei più grandi della Commedia dell’Arte, ricordato dall’Italia intera nel cinquantesimo anno della sua dipartita. E, solo per accontentare gli assenti comunico che la partita è terminata 19 a 14 a favore del Grazzano, guidato da Vittorio Fracchia, già capitano di lungo corso per i suoi giovanissimi compagni di avventura: ma un applauso grande ed un abbraccio sincero e commosso al Montechiaro di Davide Tirone che, ancora una volta, è stato in grado di mettere in difficoltà i rivali degli ultimi anni: qualcuno a bordocampo già dava per certa la ripetizione della finale dello scorso anno. Per le altre formazioni è finito il tempo delle remore e delle paure: è giunta l’ora di dare finalmente un forte segnale di presenza. E, chi ha orecchie da intendere, intenda!

Parole sacre di pura verità. 

Aldo Cerot Marello
Campionissimo del tamburello

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