Intervista a Jessica Gozzelino

6  DOMANDE A… JESSICA GOZZELINO (ALEGRA SETTIME)

  1. Jessica, che emozioni hai provato ad aver vinto tutti i titoli a disposizione, compreso il Mondiale?

    Quest’anno è stato molto particolare visto che a detta di tutti avremmo vinto senza problematiche, ma si sa che, per raggiungere un obiettivo, ci vuole impegno, costanza, unione di squadra e umiltà. Senza ipocrisie, sinceramente eravamo complete, ma le cose semplici non fanno parte dello sport. All’inizio infatti non è stato così facile: squadra nuova, gruppo da formare, equilibri da creare, personalità molto forti e numero di giocatrici molto elevato. Ci siamo impegnate davvero molto e le sconfitte che abbiamo subito nella prima parte di campionato ci sono servite parecchio per essere consapevoli che per vincere non basta saper di essere complete, ma bisogna dimostrarlo in campo. Alla fine siamo state ripagate e io sono stata davvero molto contenta dopo 3 anni che sfioravamo lo scudetto. Fare l’ en-plein, beh... è stato fantastico! Il Mondiale è stato la classica ciliegina sulla torta, visto che la nazionale francese ci ha spesso messe in difficoltà facendoci perdere molti incontri. Sono una squadra forte e completa, ma noi in quest’ultima occasione siamo state superiori.

  2. Giocandoci da diversi anni, Settime è diventata per te come una seconda casa?

    La società di Settime ci ha accolte parecchi anni fa, quando a Callianetto non si poteva più proseguire l’attività femminile. Io ero ancora una ragazzina e seguivo passo passo le mie compagne, che sono state le mie muse: Sally Valle, Sandrine Nicole, Jasna Tuzlic, Marisa Lucia e Stefania Mogliotti, la mia allenatrice di sempre, che nonostante fosse compagna di squadra mi ha sempre spronata con i suoi insegnamenti. Nel 2010 decisi di fare un anno fuori regione, una nuova e positiva esperienza, a Sabbionara. Ricordo quell’anno con emozione perché abbiamo disputato un campionato eccellente e poi proprio contro il Settime abbiamo perso sia il pass per la finale scudetto, che la Coppa Italia. Dopo sono stata con la società di Piea per 2 anni per poi ritornare a Settime nel 2013. Sì, posso dire che è una seconda casa perché ci sono persone semplici, con cui condividere mesi e mesi di sport intenso, di allenamenti, trasferte e soprattutto il “terzo tempo” che è davvero piacevole.

     

  3. Cosa ti aspetti dalla prossima stagione agonistica? Dopo diversi anni insieme, come sarà affrontare da avversaria tua cugina Silvia?

    Sinceramente non vedo l’ora di riprendere l’attività, e come ogni anno la domanda che mi pongo è la stessa: come sarà quest’anno? Arriverà da Monale Rebecca Lanzoni, una giovane ma valorosa giocatrice, mentre mia cugina andrà a Tigliole. Per me, non giocare più con lei, sarà la partita più dura: complicità assoluta, divertimento nel giocare assieme, fiducia e rispetto ci hanno unite per parecchi anni; quindi francamente mi mancherà parecchio. Sono felice che il resto del gruppo sia lo stesso, perché abbiamo trovato un equilibrio che mi piace e il clima è davvero positivo.

     

  4. Qual è l’episodio legato al tamburello che ricordi con più piacere?

    Di episodi legati al tamburello ne avrei un’infinità, ma quello che ricordo con più emozione è la finale di Coppa Europa a Faedo; una finale vinta proprio all’ultimo, dopo ore di battaglia con mia cugina Silvia, Cecilia Dellavalle, Antonella Negro, Elisabetta Bellussi e Federica Accornero.

     

  5. Tu insegni ai bambini a giocare a tamburello. Com’è come esperienza?

    Ho iniziato ad allenare che ero molto giovane, aiutando e imparando da mio papà Piero. La prima esperienza l’ho avuta proprio con i “miei bambini di Piea”; li chiamo così perché quando hanno iniziato avevano dai 6 ai 9 anni. Ora sono tutti ventenni e io ricordo con emozione e nostalgia gli anni trascorsi con loro e con le loro famiglie.

    I bambini per me sono la realtà più bella in quanto si appassionano ed hanno voglia di imparare. La priorità con loro non è la vittoria, ma trasferirgli la mia passione, insegnargli a giocare divertendosi, creare un gruppo. Sapere che non vedono l’ora di venire ad allenamento è la vittoria più grande per un allenatore. Da due anni sono legata alla società Rilate che si impegna davvero molto e quest’anno abbiamo più di 25 iscritti.

     

  6. Si parla tanto in questo momento di apportare delle modifiche al gioco del tamburello. Tu cosa ne pensi?

    Si parla tanto di modificare, di cercare nuove regole per rendere più bello il nostro sport, che da un lato potrebbero essere anche interessanti, ma nella realtà poi non si riesce ad attuare poiché il tamburello è questo! Io mi sento di dire che questo sport è bello così com’è. Vedere una partita che dura 4-5 ore, non mi annoia, anzi, ammiro e invidio chi riesce a farlo, dando spettacolo, perché dietro ci sono talento, allenamento, sudore e costanza, che molto spesso la gente non considera.

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