L'attore Filippo Cataldo interpreta il giovane Cerot
Il tambass come metafora della vita, nella parabola un poco amara del vecchio campione Cerot, tra successi e cadute, aneddoti e grandi mangiate
Cerot come Tazio Nuvolari, l'asso del volante, ormai vecchio, che scrutava il lago di Como da una panchina e ripercorreva la sua vita spericolata e malinconica in un magico racconto di Orio Vergani.
Cerot come il mitico pilota mantovano ripreso di spalle da una troupe di ragazzi più o meno ventenni, mentre osserva le ombre delle colline della sua Revigliasco, avvolto tra le nebbie di una esistenza che si fa sempre più sfuggente. E, come una visione, sullo sfondo, ecco stagliarsi la torre dei Segnali di Viarigi, dove il campione più iconico di ogni tempo del tamburello, 50 anni fa o poco più, aveva conquistato il terzo dei suoi cinque scudetti (Castell'Alfero 1970-72, poi, appunto, Viarigi 1974 e, ancora, Ovada 1979 e, dieci anni dopo, il titolo tricolore Figt col Castellero, fino all'epilogo col trionfo a "muro", a lungo inseguito: a 56 anni compiuti, di nuovo col Castell'Alfero, nel 2005).
Cerot è, naturalmente, Aldo Cerot Marello (1949-2025), l'artista del tambass, il musicista e il sognatore, il fragile aquilone che quel mezzo secolo fa fece volare il Viarigi del patron Pierluigi Accornero alla conquista del suo unico, straordinario Tricolore in uno dei momenti, forse, di maggior fulgore di questo sport strapaesano: con lui, in quello squadrone, i veneti Luciano Policante e Renzo Tommasi (il fuoriclasse che diede una svolta atletico-moderna a questa disciplina) e i fratelli Attilio (prematuramente scomparso) e Mimmo Basso, l'attuale presidente della Federazione astigiana, entrambi, come Cerot, originari di Revigliasco.
E in panchina l'istrionico e irripetibile allenatore-giornalista che fu Marco Carbone. A loro è dedicato uno struggente docufilm - «A suon di tamburello» - ideato, voluto, studiato, interpretato, diretto, da cinque straordinari ragazzi di una troupe cinematografica nata tra i banchi di scuola: con la regia di Nicolò Cataldo e il contributo di Nicola Vernell, Siria Carucci, Samuele Biasin e Filippo Cataldo, il cugino di Nicolò, che ha interpretato Cerot giovane. E con decine, centinaia di comparse del paese reclutate anche tra i bimbi. Insieme hanno contribuito alla rievocazione del «miracolo Viarigi», mischiate a preziose immagini d'epoca e alle testimonianze di appassionati come Piero Bollo (il fotografo del tamburello, classe 1945: l'unico fotoreporter al mondo che - per sua stessa ammissione - "fa venire mosse le immagini quando vedo un bel colpo") e il viarigino doc Angelo Mortara, lo stesso Mimmo Basso e il campione (più giovane) ma più eclettico di tutti, Alessio Monzeglio, vignalese d'origine ma ormai viarigino d'adozione.
Un docufilm che abbaglia, tanto prende il cuore e rappresenta una sorta di «miracolo della giovinezza» di questi ragazzi che hanno scavato tra i sentimenti del tempo e che hanno voluto dedicare una citazione speciale alla sindaca Francesca Ferraris («Ci ha sempre supportato ed è stata la prima a credere in questo progetto, nato nell'agosto 2024 e concluso pochi giorni dopo la morte di Cerot»), con ringraziamenti vari (compreso quello a Cinzia, la mamma di Nicolò «che preparava i pranzi per la troupe»). La presentazione in anteprima è avvenuta nel salone della Biblioteca comunale con ospiti di eccezione come il campionissimo del balòn Massimo Berruti, ora presidente di una associazione che si dedica al culto della memoria degli sport sferistici e lo stesso Mimmo Basso, che ha annunciato che il docufilm verrà presentato ufficialmente durante la Coppa Europa di tamburello di inizio di luglio.
Un lavoro cinematografico tout court, tra realtà e fantasia, storia e leggenda combinate in una miscela amarcord che stupisce per efficacia e padronanza del mezzo tecnico di questi giovanissimi cineasti che fanno trasparire persino il mistero dello stupore: come hanno fatto a raccontare così realisticamente un mondo che non avevano mai vissuto? Loro, gli autori, dicono: «L’idea di realizzare questo docufilm è nata dalla nostra passione per il cinema combinata a quella per il tamburello che scorre nel sangue di chi abita a Viarigi. Tra chi si è dato da fare per fornirci le informazioni storiche sul tamburello, chi si è prestato ad essere intervistato e chi si è fatto avanti come prima prova d’attore o come comparsa, tutto il paese si è moss».
Il sogno di un paese diventato realtà. Il tambass come metafora della vita, nella parabola un poco amara del vecchio campione, tra successi e cadute, aneddoti e grandi mangiate (e bevute). «Il terzo tempo» della gloria e l'abbagliante nostalgia di quella squadra e di quel mondo. Luminosa come la stella cometa che accompagna un film da sogno di ragazzi cresciuti in piazza, tra gli echi lontani di un tamburello che non c'è più.